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Rete italiana disabilità intellettive

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Rete Nazionale Disabilità Intellettive
Aggiornato: 2 ore 59 min fa

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Disabilità Intellettiva altri sguardi

Dom, 12/13/2015 - 12:05

GIORNATA DI STUDIO CINISELLO BALSAMO 24 OTTOBRE 2015
Disabilità Intellettiva altri sguardi  Maria Vittoria Lodovichi  Le parole dell’acqua

E’ con il desiderio di lavorare con voi che ho elaborato da un punto di vista psicoanalitico il corto Francesco e Bjorn del regista Fausto Caviglia, offrendo quindi un altro sguardo sulla disabilità intellettiva.
L’handicap è un appuntamento, uno di quelli che la coscienza non sa bene affrontare e che la pone di fronte a un bivio. Si può ignorarlo, come se non esistesse, oppure supporre che l’handicap possa costituire per la coscienza del così detto “normale” un momento di verifica messo alla prova.
E’ questa sfida che sto cercando di cogliere con me stessa e con il legame sociale RNDI. Nel nostro manifesto, si legge:
“L’handicap rappresenta la chiave di volta per incontrare l’altro incontrando sé stessi.”

Per introdurre il mio lavoro darò alcuni brevissimi accenni su dei concetti fondamentali.
L’autismo
La teoria psicoanalitica freudiana-lacaniana sull’autismo sottolinea, come primo punto da affrontare, il tema del transfert ovvero la responsabilità dell’analista nell’accogliere la domanda della persona con disabilità; in questi casi la domanda è sempre posta da un familiare o suggerita da un medico.
Quindi, come per l’ascolto dei bambini, degli adolescenti, l’analista è consapevole del fatto che dovrà elaborare il transfert con i familiari, con i medici e con le strutture di riferimento della persona, tenendo conto delle interferenze, del “disagio”, del controtransfert, che dovrà essere supposto nell’accettare la domanda in questa modalità di cura.
Il controtransfert, in questo caso è utile in quanto manifesta la stessa “impotenza” che la famiglia ha vissuto nel nei confronti del figlio.
Il ruolo dei genitori, terzi paganti e responsabili del loro figlio di fronte alla società, è significativo nello svolgimento della cura. Il loro ruolo affettivo è la rappresentazione per il figlio dell’io ideale, che va rispettato, in quanto vincolato con la realtà e fa parte delle utili forze castratrici, limitatrici.
La posizione dello psicoanalista consisterebbe nel liberare, attraverso il transfert, l’ideale dell’io del soggetto dalla dipendenza rispetto all’io ideale nevrotizzante, ma non nel sostituirsi ai genitori. L’ascolto inoltre può analizzare il super io arcaico pre-edipico, ma non dovrebbe ostacolare le componenti dell’Edipo in corso di evoluzione.
La guarigione si può cogliere soltanto in alcune forme di regressione, in un Edipo tardivo. La sessualità può trovare delle vie riabilitative per il narcisismo e il corpo potrà essere percepito in quanto corpo umano.
Cura che si presenta complessa in quanto al soggetto manca la relazione con l’Altro. Un Altro di cui il soggetto non realizza “l’oggetto” (Lacan, oggetto a).[1]

Assistente sessuale per disabili ...

Lun, 02/16/2015 - 10:28

ASSISTENTE SESSUALE PER PERSONE DISABILI: ALCUNE RIFLESSIONI

di Ingrid Iencinella

Ormai da un anno in Italia si parla di una nuova figura - già presente in diversi paesi europei - che potrebbe entrare nel novero degli addetti alla disabilità. Si tratta del/la cosiddetto/a “assistente sessuale” o anche “love giver”.

Non se ne è soltanto parlato, ma alcuni -in primis alcune persone con disabilità motoria-, hanno portato avanti una vera e propria campagna che ha condotto alla definizione di un disegno di legge da parte di un nutrito numero di senatori, dal titolo: disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità (ddl 1442), con lo scopo di istituire la “figura dell’assistente per la sana sessualità e il benessere psico-fisico delle persone disabili o assistente sessuale”, (definito anche in alcune interviste “terapeuta sessuale”), il quale “a seguito di un percorso di formazione di tipo psicologico, sessuologico e medico, dovrà essere in grado di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale o sessuale e a indirizzare al meglio le proprie energie interne spesso scaricate in modo disfunzionale in sentimenti di rabbia e aggressività”.

La cosa positiva è senz'altro che si sta parlando di un tema molto importante, che riguarda la sfera sessuale delle persone con disabilità e che stenta ancora ad essere preso nella dovuta considerazione. Nessuno infatti osa mettere in dubbio che la sessualità sia una sfera fondamentale per qualsiasi persona e che come tale, non vada accantonata o, peggio, negata soprattutto quando si è di fronte a persone che presentano uno svantaggio nell'accedere ad essa.

Vi sono però alcuni rischi che riguardano in senso generale la semplificazione di un tema che è invece molto complesso.

Una delle criticità è che se ne parla sulla scia di una proposta di legge, che si rifà all'ambito giuridico, del diritto e che è dunque inevitabilmente generalizzante, a fronte di un tema che ha che fare fortemente con la soggettività di ciascuno. La proposta è quella di “avere operatori e operatrici professionalmente formati che aiutino le persone con disabilità a vivere un’esperienza sessuale ma che siano anche in grado di svolgere un’azione di educazione alla sessualità e all’affettività”, per poter garantire loro l'accesso ad un diritto, quello alla salute, di cui fa parte anche la sessualità. Non viene normata direttamente la sessualità, ma si intendono definire tramite delle norme le finalità dell'intervento e le caratteristiche che dovrebbe avere l'assistente sessuale per “soddisfare” le esigenze sessuali ed affettive delle persone disabili: ci sembra comunque un modo indiretto per intervenire sulla definizione di regole generali riguardanti una sessualità  che è sempre e comunque particolare.

L’emarginazione sessuale del disabile

Ven, 10/18/2013 - 21:40

L’emarginazione sessuale del disabile intellettivo.  

Franco Lolli.

Affrontare il tema della sessualità nella disabilità intellettiva è un compito particolarmente complicato; il rischio di cadere in luoghi comuni o nella retorica demagogica (che si nutre di affermazioni di principio polically correct) è sempre molto alto. A rendere ulteriormente difficile il compito, bisogna considerare anche l'estrema indeterminatezza del concetto di disabilità intellettiva che, come sappiamo, racchiude al suo interno una varietà di quadri clinici cosi altamente differenziati da non consentire superficiali tentativi di catalogazione massificante. Occorre tenere presente, a questo proposito, che gli effetti di un ritardo mentale medio lieve sono inassimilabili a quanto si ha modo di osservare in caso di gravi e profonde compromissioni intellettive e che solo un’affrettata valutazione del fenomeno può associare configurazioni patologiche cosi eterogenee. Pertanto, anche sul piano della questione sessuale, l’estrema varietà delle forme morbose deve indurre ad una considerazione calibrata alle specificità del singolo caso che eviti il rischio di grossolane generalizzazioni.

Il pericolo, inoltre, di precipitare su posizioni ideologiche che, per quanto apprezzabili sul piano dell'enunciato, risultano sganciate dalla realtà e dalle problematiche concrete della disabilità intellettiva è facilmente accertabile: basti pensare alla ormai consolidata propensione a proclamare il diritto della persona disabile all'esercizio pieno della propria sessualità per verificare il conflitto che si instaura tra un principio incontestabile di uguaglianza (chi mai, oggi, oserebbe affermare il contrario?) e la sua difficile (e, direi, impossibile) realizzazione in un campo dell'esperienza umana nel quale bisogna fare i conti con un limite a volte insuperabile. Mi spiego: nel grande arcipelago della disabilita intellettiva, l'affermazione di un diritto deve essere sempre bilanciata dalla considerazione delle reali capacità del soggetto di esercitarlo. Pensiamo, ad esempio, al diritto all'autodeterminazione e alla sua necessaria riconsiderazione quando in gioco c'è la vita di una  persona con insufficienza mentale. La consapevolezza dei rischi a cui va incontro colui che non ha piena coscienza del mondo in cui vive relativizza l'anelito alla piena indipendenza del soggetto, forzando chi se ne prende cura a pensare piuttosto – come anni fa acutamente teorizzò Angelo Villa – ad un’autonomia ragionata, condizionata, guidata (con la conseguenza di smorzare in maniera significativa il concetto stesso di autonomia).

La Rete Nazionale Disabilità Intellettiva

Lun, 05/16/2011 - 19:47

 

LA RETE NAZIONALE DISABILITA' INTELLETTIVA
La Rete Nazionale è un associazione di fatto costituita da operatori che svolgono il proprio lavoro nell'ambito della cura del paziente con Disabilità Intellettiva. La Rete raccoglie l'adesione di coloro che intendono sviluppare un lavoro collettivo di ricerca, documentazione e studio fondato sulle proprie esperienze cliniche e terapeutiche messe a disposizione della comunità. L'attenzione rivolta alla soggettività della persona disabile si configura come il fattore centrale di convergenza teorica tra i suoi membri: la promozione di una presa in carico della persona disabile svincolata da logiche prestazionali, adattive e conformiste rappresenta la finalità principale della sua attività. Per questo motivo, la Rete si propone come luogo di costruzione di un sapere sulla disabilità che sappia coniugare le esigenze educativo-riabilitative al rispetto della dignità umana e dei più elementari diritti.